La recente scomparsa di Aldo Oberto, storico giornalista di basket ma anche allenatore dedito ai giovani, mi ha fatto ripescare da un angolo nascosto della libreria un volumetto che, seppur non vecchissimo, emana un fascino d’altri tempi: Sulle strade del basketball.
Quando il libro di Oberto uscì era il 2006, non certo un’era geologica fa. Ma, almeno per la mia esperienza, si era ancora lontani dall’acquisto compulsivo online che caratterizza le nostre giornate. Ricordo infatti che lo ordinai per contrassegno, con una certa dose di dubbi circa la riuscita dell’operazione, direttamente dal modesto sito web di una casa editrice mai sentita nominare: Albalibri di Milano.
Avevo appreso della sua uscita da uno dei magazine cestistici che leggevo regolarmente. Ora non ricordo se si trattasse di Superbasket, American Superbasket o Dream Team. Quest’ultimo diretto da Mauro Bevacqua, autore di una delle due prefazioni (l’altra è di Gianni Corsolini). Non ha importanza: quello era il mondo da cui proveniva Aldo Oberto, a lungo firma del Superbasket di Aldo Giordani, il patriarca del giornalismo italiano di pallacanestro.
Sulle strade del basketball (148 pagine, 10 euro) è un libro che ho amato, letto e riletto per anni, sognando l’America. Perché il tema è forse il più gradito e anelato da tutti gli appassionati del basket d’oltreoceano: viaggiare negli Stati Uniti con la palla a spicchi come bussola. E approfittandone per dipingere un ritratto socio-culturale, e perché no turistico, dei posti visitati. Lo sport, infatti, ha sempre tanti collegamenti con la realtà che ci circonda.
Aldo Oberto e i viaggi di basket negli USA
Il libro è ormai fuori catalogo ed è difficile reperirlo anche online (PROVATE QUI), magari avete fortuna nell’usato. Ed è piuttosto scarno dal punto di vista estetico. Ma va bene così: il contenuto, in questo caso, regna sovrano e il libro rimane un gioiellino, oggi peraltro quasi introvabile, per chi ama l’accoppiata basket-viaggi.
In 14 capitoli, a cui si aggiungono 9 frammenti in appendice, Aldo Oberto racconta in un memoir sia sentimentale sia culturale i suoi numerosi viaggi negli States in qualità di allenatore e accompagnatore di gruppi di ragazzi a camp estivi presso i college americani. Oppure vacanze personali presso coach e amici conosciuti sul posto o in Italia in precedenti occasioni.
I viaggi coprono un arco temporale che va dal 1979 al 2004 e quindi riferiscono di un’America vista in momenti differenti. Ci sono posti, come la New York di fine anni Settanta, che sembrano lontani dalla realtà odierna. E ci sono personaggi non ancora diventati ciò per cui li conosciamo meglio. Come Mike Krzyzewski, coach di Army appena trentenne e con le idee terribilmente chiare, che già tutti chiamano Coach K. O Tim Floyd, che nel 1992 è ancora un giovane allenatore universitario a New Orleans, prima di passare a Iowa State e in seguito raccogliere la più pesante eredità nella storia dello sport: quella dei Chicago Bulls post Michael Jordan.
A caccia di… schemi
Coach K e Floyd sono soltanto due dei vari allenatori che Aldo Oberto incontra di persona nei suoi viaggi: compaiono i santoni Rollie Massimino di Villanova e Lou Carnesecca di St. John’s. Ci sono Rick Barnes allora a Texas e Ben Howland a UCLA. Ma anche Don Nelson all’epoca ai Golden State Warriors e l’eterno Gregg Popovich dei San Antonio Spurs. Tutti o quasi estremamente disponibili a soddisfare la particolare richiesta del collega italiano: playbook, schemi e diagrammi tecnici che poi studierà e da cui prenderà spunto per i suoi articoli.
Aldo Oberto, infatti, era conosciuto nell’ambiente del basket per i suoi pezzi dedicati all’aspetto tecnico-tattico. Da meticoloso allenatore con una sconfinata conoscenza del gioco e dei suoi fondamentali, per anni e anni ha spiegato al pubblico italiano (e ai ragazzi che allenava) i sistemi messi in campo da squadre di ogni livello e area geografica: attacchi, difese, situazioni particolari, movimenti. In breve, tutto ciò che avesse a che fare con i cosiddetti Xs & Os.
Inoltre, nei periodi trascorsi oltreoceano, ha assistito a sfide tra importanti college. Tra essi Texas e Texas Tech, UNLV e Brigham Young, Stanford e Oregon. Ha assaporato pienamente l’atmosfera della NCAA. Inoltre tocca con mano il formidabile mondo delle high school.
Oltre il parquet
Sulle strade del basketball – la scelta di mantenere il termine americano basketball dona all’intero volume una fortissima caratterizzazione – tuttavia non è soltanto parquet.
L’autore racconta le città grandi e piccole incontrate da est a ovest: New York, Washington, Boston, Philadelphia, New Orleans, San Antonio, Austin, Las Vegas, Los Angeles, Portland. Ma anche Bradenton in Florida (sede della IMG Academy), la Hall of Fame di Springfield in Massachusetts, Monticello nel New York State. Dove nel 1979 assiste a un’esibizione di giocatori NBA in un hangar militare pieno all’inverosimile, con Bob McAdoo, John Lucas, Cedric Maxwell, Gus Williams e altri, suddivisi in due squadre allenate una da Red Auerbach e l’altra da Red Holzman…
Con chiarezza e qualità di stile, Oberto mescola l’amore per il basket con la curiosità del viaggiatore e l’attenzione del giornalista, restituendo un quadro godibile, interessante e variegato dell’America di qualche tempo fa. Tra una partita di basket e una trasferta on the road, una sirloin steak e un Wal-Mart, un episodio storico e una meraviglia fra le tante che gli Stati Uniti sanno svelare al visitatore in ogni momento, emerge il filo conduttore del libro, nonché messaggio costante e incontrovertibile: viaggiare nel segno del basket è la cosa più bella per chi ama questo sport. E Sulle strade del basketball è la generosa legacy che Aldo Oberto, insieme al suo patrimonio di divulgazione tecnica, ci ha lasciato.