Gli stadi di tutto il mondo – di calcio e non solo – nel loro valore e significato architettonico e storico-sociale: questo è il concept di Archistadia (www.archistadia.it), uno dei siti web italiani più autorevoli sull’argomento.
Fondato nel febbraio 2015 da Antonio Cunazza, Archistadia analizza, racconta e approfondisce tutto ciò che ha a che fare con gli stadi, da molteplici punti di vista: la storia, l’architettura, gli aspetti tecnici, la qualità, i tornei e gli eventi che ospitano.
Torinese, nato nel 1983, collaboratore di Calcio e Finanza e di altre testate, Cunazza è laureato in architettura e proprio in Archistadia è riuscito a coniugare i suoi studi con la passione per il calcio, da sempre intrigato dall’impatto di questo sport sulla società e sulla vita quotidiana delle persone.
Il sito, grazie alla costanza degli aggiornamenti e a contenuti precisi e approfonditi, sta riscuotendo un crescente successo e proprio il suo creatore ci ha raccontato qualcosa di questo interessante progetto.
Antonio, come nascono l’idea di Archistadia e, prima ancora, la tua passione per gli stadi?
Sono stato affascinato dagli stadi fin da piccolo, come credo sia capitato a tanti altri bambini che si affacciano al calcio, ma ricordo di aver sempre avuto la curiosità di volerne sapere di più. Crescendo tra fine anni ‘80 e inizio anni ‘90, la tv non era ancora così dominante nel calcio, e gli stadi erano legati a una certa epica di trasferte europee, di campi lontani e difficili. Erano luoghi che dovevo soprattutto immaginare nella mia testa.
Poi, grazie agli studi in architettura e restauro (e due tesi di laurea sull’argomento), ho voluto approfondire gli stadi dal punto di vista tecnico, stilistico, ma anche analizzando l’impatto che hanno sulla vita sociale e urbana delle città e delle persone. Archistadia è dove metto “nero su bianco” i risultati dei miei studi e delle mie ricerche.
In effetti, di stadi si parla solo in occasione di news su nuovi progetti o dibattiti sull’affluenza di spettatori, ma l’architettura sportiva è un tema poco approfondito. Ti ispiri a qualcuno?
Hai ragione. Infatti l’idea del sito (e più in generale del mio interesse verso l’argomento) nasce proprio da quello. In Italia, Archistadia resta l’unico sito web che fa approfondimento sugli stadi e sull’architettura sportiva in modo ragionato e su base settimanale. All’estero ci sono alcuni portali molto importanti, invece, tra i quali il migliore è sicuramente StadiumDB.com, gestito da due appassionati della Polonia, che è una sorta di “Wikipedia degli stadi”, sempre molto aggiornato. E devo dire che, sì, mi ispiro a qualcuno: Simon Inglis, uno studioso di architettura sportiva e di memoria storica dei luoghi britannici di sport, autore di ricerche e libri fra i più importanti nella bibliografia su questo tema.
Archistadia si occupa solo di stadi calcistici o anche di altri sport e di strutture come palazzetti e arene indoor?
All’inizio il sito era esclusivamente incentrato sugli stadi di calcio, definizione che, infatti, rimane ancora adesso nel nome completo Archistadia – storia e architettura degli stadi di calcio. Con il tempo, però, ho allargato lo sguardo ad altre discipline, con modelli di stadi classici – come quelli di rugby o di baseball – ma anche con arene indoor. Ho scritto, per esempio, un approfondimento sulla Quicken Loans Arena di Cleveland, all’interno di un longform sulla storia degli impianti sportivi della città americana. Per esempio, anche per la rubrica Stadi nel Cinema, dove racconto stadi e luoghi reali apparsi in film sportivi famosi, mi è capitato di parlare di arene indoor, come quella del film di basket Basta vincere, e lo farò anche in futuro.
Qual è il primo stadio che hai visto in vita tua e cosa ricordi?
Il primo è stato il (fu) Delle Alpi di Torino, per un Torino-Inter, nel 1991. Stranamente non ho alcuna memoria di quella serata e ne ho, invece, del secondo stadio visto in vita mia, il Meazza di Milano (questa volta per Inter-Torino): ricordo l’emozione di essere là, di salire lungo il percorso elicoidale della torre e sbucare al terzo anello vedendo quasi il vuoto sotto di me. Un’emozione fortissima, che quasi resta ancora identica quando vado ancora oggi a San Siro. Quello di Milano è uno stadio davvero magico…
Parliamo di nuovi stadi in Italia: qualcosa si è mosso negli ultimi anni (Juventus, Udinese, Frosinone), ma la sensazione è che siamo sempre molto indietro rispetto alle altre nazioni. Qual è il tuo parere in merito? Cosa non va?
È un po’ complesso definire cosa non va in Italia, attualmente. Siamo indietro rispetto ad altre nazioni dal punto di vista dell’approccio alla questione, ed è un ritardo accumulato negli ultimi 15-20 anni. È un discorso simile a quello tecnico-sportivo del nostro movimento. Facciamo ancora molta fatica a capire quanto siano importanti stadi nuovi, intesi come strutture a 360 gradi per le città e le comunità, e avremmo dovuto capirlo già a fine anni ’90. Restiamo, invece, ancora molto legati all’equazione “stadio = posto dove giocano a pallone”. Non c’è unità di intenti e di visione fra società sportive e istituzioni e all’idea di un nuovo impianto si guarda ancora come a qualcosa di superfluo.
Quale sarà, e quando, la prossima città italiana ad aver realizzato un nuovo stadio (per “realizzato” si intende inaugurato e pienamente in funzione)?
Mi sembra che la questione Stadio della Roma si sia sbloccata e si attenda ora lo sviluppo del percorso burocratico per aprire effettivamente il cantiere. Credo che, però, Cagliari potrebbe arrivare appena prima. In ogni caso, al momento, vedo queste due città come le prossime ad avere uno stadio nuovo a tutti gli effetti, probabilmente per il 2021.
All’estero, invece, quale ti sembra la nazione più attiva o più interessante sul fronte stadi&architettura?
Fra i grandi paesi europei, recentemente, la Francia si è rinnovata molto, dimostrando di essere una nazione virtuosa sul piano dell’architettura sportiva. In Inghilterra iniziano ad arrivare stadi nuovi e progetti anche per realtà più piccole, mentre è davvero interessante lo scenario dell’Europa dell’est, in particolare Polonia e Turchia, oltre alla Russia, grazie alla spinta dei Mondiali 2018 organizzati in casa.
Al giorno d’oggi – in epoca social, digitale, post-industriale ecc. – qual è il valore sociale di uno stadio?
Sono convinto che lo stadio sia un “luogo” di enorme valore emozionale e identitario per i tifosi, e questo viene confermato e accentuato nell’attuale mondo di condivisione delle immagini. Per le città lo stadio resta un edificio di valore architettonico fondamentale, mentre per i tifosi continuerà sempre a essere un luogo di ritrovo, di amicizie e di ricordi. È un simbolo fortissimo, sia sportivo che iconico, ed è forse l’ultimo vero “monumento” architettonico della nostra epoca.
Sei torinese. In Italia, Torino è la città che ha rinnovato di più i propri impianti sportivi. Qual è il tuo giudizio? È tutto rose e fiori?
Non si può negare che l’intervento della Juventus, con il suo nuovo stadio, abbia creato un biglietto da visita importante per Torino, dopo essere stata per anni la città simbolo del flop impiantistico di Italia ’90. Ma voglio sottolineare, da tifoso del Toro, anche la ricostruzione dello Stadio Filadelfia, voluta e portata avanti soprattutto dalle associazioni dei tifosi, e l’ammodernamento dello Stadio Olimpico, grazie ai Giochi invernali del 2006. Ci sono ancora alcune criticità, come il Motovelodromo Fausto Coppi, in disuso da anni, ma la città si è mossa piuttosto bene quando ne ha avuto l’occasione.
Come per tante altre città italiane, comunque, la questione degli impianti sportivi va oltre lo stadio principale, e sarebbe da analizzare soprattutto nelle piccole realtà di quartiere e delle società dilettantistiche. Anche in questo caso siamo molto indietro in Italia, come servizi e rinnovamento, ed è un discorso che sta alla base dell’attività sportiva dei giovani.
Quali risultati di rilievo hai raggiunto con Archistadia? Obiettivi e progetti futuri?
L’obiettivo iniziale di Archistadia era quello di raccontare gli stadi da tutti i punti di vista, trasmettendo ai lettori la mia convinzione che siano edifici simbolici di grande valore e cercando di rendere apprezzabili a tutti anche i dettagli più tecnici e architettonici. Questo ovviamente resta il senso principale del sito che, nel mentre, sono felice di poter dire che sta diventando un punto di riferimento per molti tifosi e addetti ai lavori, ricevendo anche attestati di fiducia da testate giornalistiche e radio (interviste, citazioni ecc.) e da federazioni e club italiani ed europei, che mi hanno aperto le porte di eventi e stadi anche importanti, dal Piola di Vercelli fino a Wembley. Collaborazioni e contatti che punto ad aumentare anche in futuro.
Qual è lo stadio che non hai mai visto e in cui ti piacerebbe andare all’istante?
Fin da bambino avevo il sogno di vedere due stadi: Wembley e il Maracanã. Ho avuto la possibilità di vedere lo stadio nazionale inglese sia nella sua versione storica (con le famose “due torri”) sia in quella rinnovata, recentemente. Mi resta quindi il Maracanã di Rio de Janeiro, se potessi ci andrei anche domani!
Per concludere, scegli i 5 stadi che ami di più, per qualsiasi motivo. E dicci il perché.
Te ne dico 5 in cui sono anche stato, ma in ordine sparso perché sarebbe troppo difficile fare una classifica.
– Wembley, Londra: uno degli stadi che meglio rappresentano la magia del calcio, l’epica e la simbologia che vanno oltre la singola partita.
– San Siro, Milano: il primo amore non si scorda mai, come si dice. Il Meazza resta uno degli stadi più belli del mondo e anche un grande manifesto dei diversi periodi della storia architettonica italiana.
– Highbury, Londra (demolito nel 2006): un eccezionale esempio di stadio all’inglese e di architettura sportiva (i dettagli Art Deco furono un elemento eccezionale già all’epoca, negli anni ‘30), oggi ancora apprezzabile grazie alle porzioni conservate dopo la ristrutturazione.
– Louis II, Principato di Monaco: stadio molto sottovalutato ma, in realtà, un ottimo esempio di “stadio urbano”, una tipologia non semplice da realizzare, ancor più in zone densamente costruite come può essere quell’area del Principato.
– Lansdowne Road, Dublino (demolito nel 2006): stadio di enorme valore storico (fino alla sua demolizione, il più vecchio impianto di rugby al mondo) e uno degli ultimi luoghi in cui vivere la partita era come fare un salto all’indietro nel tempo.