Si può cambiare il basket con il sorriso? Il numero 30 dei Golden State Warriors lo ha fatto, segnando un’epoca. In Steph Curry, gioia e rivoluzione, Dario Costa traccia un quadro completo sul più forte tiratore di sempre spiegando, attraverso la sua storia, come si è arrivati a interpretare la pallacanestro nel modo in cui oggi va per la maggiore.
Edita da 66thand2nd, questa monografia italiana ripercorre le tappe di Wardell Stephen Curry II come uomo e come giocatore, volto di una NBA dove, con lui, niente sarebbe stato più come prima. E c’è una tripla simbolo della rivoluzione di Steph: quella clutch a Oklahoma City nel 2016, da quasi metà campo, che l’autore descrive bene nel prologo, ritornandoci a più riprese.
Il libro, il cui titolo richiama un brano degli Area del 1975 (l’autore bresciano è anche esperto di musica), fa comprendere come la storia di Curry, figlio d’arte senza essere un predestinato, abbia accompagnato l’evoluzione del basket ricercando e regalando continuamente emozioni, mosso dalla convinzione che ogni tiro avrebbe trovato la via del canestro.
Steph Curry, apollineo e dionisiaco
Dario Costa traspone nel suo volume d’esordio in solitaria – ha già firmato alcuni capitoli della Guida NBA 2016-2017 e 2017-2018 edite da Baldini & Castoldi – lo stile equilibrato e profondo molto apprezzato dagli appassionati lettori de L’Ultimo Uomo, il magazine in cui scrive abitualmente di NBA.
La sua scrittura rende in forma pulita e lineare contenuti non così agevoli, così come il gioco di Steph fa sembrare semplici cose a prima vista impossibili. Nelle parti di cronaca, il ritmo è concitato e le azioni cruciali sono descritte nel dettaglio. A “gioco fermo”, invece, prevale un approccio calmo e ragionato, con cui si spiegano i concetti senza appesantire la narrazione. Del resto, gli stessi Warriors hanno concretizzato sul parquet un’idea di gioco furiosamente dionisiaca attraverso l’apollineo equilibro di movimenti armonici.
Steph Curry, gioia e rivoluzione fa propria la miglior tradizione della scrittura sportiva americana, enunciando con precisione ogni momento significativo del percorso dell’atleta. Approfondimenti e digressioni partono a volte da agganci apparentemente lontani e insospettabili, per meglio raccontare l’entità della “rivoluzione con il sorriso”. Un sorriso da cui però, come ha detto LeBron James, non bisogna farsi fregare, perché cela una competitività e una fiducia in se stesso senza eguali.
Warriors, la rivoluzione di una dinastia
I Golden State Warriors di Steph Curry (e Klay Thompson, Draymond Green, Steve Kerr) fanno ormai parte delle grandi dinastie NBA: i Celtics di Bird, i Bulls di Jordan, i Lakers di Magic e poi Kobe & Shaq, gli Spurs di Popovich, la saga di LeBron James. Ma la leadership del 30, conforme al suo carattere affabile e altruista, non è accentratrice e rappresenta un nuovo modello. Così come la struttura flessibile degli Warriors sembra costruita apposta per durare in un mondo attuale liquido e mutevole.
Dal college a Davidson e dai primi non facili anni di Curry nella Bay Area fino ai tre titoli in cinque Finals, e quindi il successivo “vuoto di sceneggiatura” e il sorprendente ritorno all’anello nel 2022, il libro di Costa delinea la costruzione della dinastia con Steph e intorno a Steph, sottolineando come abbia cambiato per sempre il basket. Molto interessanti i capitoli in cui si descrivono lo sviluppo del suo tiro, la vita fuori dal campo, il rapporto con la città di Oakland e con lo sponsor Under Armour.
Il racconto si fa poi epico, ma sempre controllato, nei capitoli centrali dedicati agli anni d’oro, dalle prime finali vinte nel 2015 all’esperienza con Kevin Durant, esplicitando espressioni e motti con cui i seguaci della NBA odierna hanno familiarizzato negli ultimi anni: Strength in Numbers, Death Lineup, Hamptons Five.
Steph Curry, gioia e rivoluzione è un ottimo esempio di come si scrive un libro di questo genere e non escludo che Dario Costa si sia goduto ogni momento della sua creazione, proprio come ci ha insegnato Steph con una palla a spicchi in mano.