Giannis Antetokounmpo, Odissea di Andrea Cassini, edito da 66thand2nd per la collana Vite inattese, è il libro che delinea un profondo e completo ritratto del greco dei Milwaukee Bucks, raccontandone l’intera storia dalle origini ateniesi alla vittoria del titolo NBA.
Il volume parte proprio dal culmine della sua carriera, quel 20 luglio 2021 in cui i Bucks sconfiggono i Phoenix Suns in gara 6 delle Finals al Fiserv Forum. Giannis, con 50 punti, è determinante. Al termine della partita si siede nelle prime file dell’arena concedendosi qualche minuto di estraniamento dall’euforia generale, per meditare, con qualche lacrima, su quanto è appena successo e sulla strada compiuta per arrivare fin lì.
Cassini intervalla la narrazione della vita di Giannis con capitoli flash forward sulle serie dei playoff 2021. La fase cruciale in cui finalmente il giocatore riesce a mettersi alle spalle le sconfitte degli anni precedenti, da cui ogni volta ha imparato qualcosa, e a portare Milwaukee in cima alla lega, conquistando l’anello che in Wisconsin mancava da mezzo secolo esatto. Per i Bucks, e per lui, è il momento più alto.
La penna dell’autore sa essere letteraria e giornalistica allo stesso tempo, in un quadro di grande equilibrio. Momenti di dettagliata e competente analisi di basket si avvicendano a rimandi letterari che si rifanno spesso alla mitologia greca e africana. Un sincretismo che forse è l’unico modo per raccontare un personaggio dalla psicologia semplice ma profonda, la cui evoluzione riassume dentro di sé tanti aspetti e culture.
L’odissea di Giannis Antetokounmpo
Già con la parola Odissea, nonché con il fatto che Giannis Antetokounmpo sia greco e che la sua vita abbia avuto a che fare con spostamenti da un oceano all’altro, si instaura un evidente paragone con l’eroe viaggiatore per antonomasia: Ulisse. Del resto, come dice anche Federico Buffa, lo sport rappresenta l’epica contemporanea e soddisfa il nostro bisogno di raccontarci e raccontare.
Il parallelismo tra Giannis e il re di Itaca si realizza nella determinazione con cui entrambi vogliono cambiare il proprio destino. Ulisse per tornare a casa; Giannis per trovare una casa e un futuro migliore per la sua famiglia, protagonista di un’odissea tra Mediterraneo (i genitori immigrati in Grecia dall’Africa) e Atlantico (lo sbarco in America di Giannis). Ma anche per soddisfare un’irrequietezza di fondo, una dantesca sete di virtute e canoscenza, come l’Ulisse protagonista di un’altra Odissea spesso citata dall’autore: quella di Nikos Kazantzakis.
L’originario cognome nigeriano Adetokunbo, che significa “corona venuta da oltre oceano”, svela infatti come in ogni migrante si nasconda un re in esilio: solo perché una persona proviene dalla più umile delle situazioni non è detto che deve accontentarsi di quello che capita. Così Giannis capisce che il basket può essere una reale opportunità e fissa un obiettivo alto. Conscio delle proprie potenzialità, lavorare duro non lo spaventa, perché è già costretto a darsi da fare per sopravvivere tutti i giorni.
La storia di Giannis è una storia di viaggi, senza i quali lui non esisterebbe. Quello dalla Nigeria alla Grecia, un viaggio per lui immaginario e vissuto solo nella mente dei genitori; e quindi il ponte tra Grecia e Stati Uniti, il viaggio dell’ascesa e della realizzazione, senza mai dimenticare la patria nonostante un rapporto tormentato, macchiato dal razzismo e dalle accuse di ingratitudine.
Da Sepolia alla NBA
C’è un capitolo del libro, intitolato Finding Giannis come il documentario della TNT, in cui Cassini racconta una vera e propria indagine archeologica su YouTube alla ricerca di vecchi video e relativi commenti su di lui. Giannis era davvero un ragazzo qualsiasi, una persona invisibile, e non è facile ricostruirne gli inizi.
Sicuramente la prima svolta avviene quando, convinto da un pittoresco allenatore, accetta di andare in palestra al Filathlitikos, nonostante all’inizio preferisca il calcio. Ha fisico e potenzialità, ma deve costruirsi tutto: iniziare basket a 13 anni è già tardi. Nel giro di un paio d’anni, Giannis fa enormi progressi, impara a nascondersi nelle pieghe del gioco per poi essere imprevedibile agli avversari.
Il coach delle giovanili lo fa giocare play e presto arriva il momento di debuttare in prima squadra, in A2. Mentre tra i coetanei domina, con i grandi è invece un giocatore “operaio” che deve conquistarsi ogni centimetro. Sono proprio queste le prestazioni che convincono gli scout. E a un certo punto arriva il momento di lasciare Itaca: il Draft NBA e tutto ciò che lo precede e segue, minuziosamente narrato. La seconda e definitiva svolta della sua vita.
Come Giannis ha scommesso su un futuro nel basket, molti si ritrovano a loro volta a scommettere su di lui: gli agenti, il gm dei Bucks John Hammond, coach Jason Kidd che lo vuole playmaker totale. E lui, che non intende perdere l’educazione ricevuta dalla sua famiglia, ripaga la fiducia con la massima abnegazione e fedeltà. Si impegna più di tutti, mosso da una fame di emergere come se non se ne fosse mai andato dall’asfalto di Sepolia.
Giannis volto della NBA di oggi
Passato l’ambientamento iniziale, la carriera NBA di Giannis Antetokounmpo sembra dipanarsi in modo del tutto lineare e naturale, senza sostanziali intoppi. È allora dalle cocenti eliminazioni dei Milwaukee Bucks ai playoff che trae la forza per migliorare ancora. Fino a condurre la squadra al titolo. Perché, alla fine, superata la necessità di giocare a basket per sopravvivere, la ricerca della vittoria è la missione più nobile che ci sia per ringraziare lo sport che gli ha salvato la vita.
Il successo di Giannis va di pari passo con le politiche globali, inclusive e progressiste della NBA. Adam Silver cavalca l’onda di una lega aperta e tollerante verso le minoranze e gli emarginati, oltre che trainata dalla cultura afroamericana. Giannis Antetokounmpo, l’eroe dei tre mondi, tratto d’unione tra paesi e culture differenti, ne diventa il volto ideale. Anche se lui, nonostante abbia vissuto certe esperienze in prima persona, resta molto schivo su questi temi. E preferisce risolvere tutto con l’immediatezza e la naturalezza di un sorriso.
Scrive Cassini che lui “ha l’animo di un diplomatico che ispira con la sua sola presenza a conciliare le differenze nel reciproco rispetto. Perché è l’unica cosa giusta da fare, prima di qualsiasi considerazione politica […] Giannis comunica in maniera immediata, esprimendo con la naturalezza di un sorriso concetti astratti e profondi, lasciando che sia l’interlocutore a esplorarli“. Tuttavia, nonostante la sua disinvoltura “l’animo di Giannis è difficile da scalfire, è un nucleo protetto da innumerevoli strati fatti di maschere e nomi. Si può solo supporre da dove provengano le sue motivazioni, cosa tenga viva la scintilla della fame sportiva“.