Negli anni Settanta e Ottanta una piccola emittente di confine, TV Koper-Capodistria, fece la storia del giornalismo sportivo. A raccontarla, nel libro I pionieri, è Sergio Tavčar, il cronista più famoso della televisione un tempo jugoslava e oggi slovena, ma pensata per la minoranza di lingua italiana.
A ricordarsi di TV Koper-Capodistria sono soprattutto gli appassionati di basket, e di sport, ormai over 40 e 50. Infatti, era solita trasmettere le partite del campionato della Jugoslavia unita, nelle cui squadre fiorivano talenti a getto continuo. E poi la NBA, dando un importante contributo alla popolarità della lega dalle nostre parti.
Fu verso la fine dei fantastici Eighties, con la decisiva influenza della Fininvest di Silvio Berlusconi, che “Telecapodistria” conobbe il suo momento d’oro, il quale però si concluse poco più tardi. Sergio Tavčar andò a formare con Dan Peterson quella che molti reputano tuttora la miglior coppia di commentatori che la pallacanestro abbia mai avuto.
I pionieri, uscito a settembre 2024 per Bottega Errante Edizioni, casa indipendente di Udine specializzata in letteratura e saggistica di frontiera e che ha già pubblicato un altro libro di Tavčar (L’uomo che raccontava il basket), narra la nascita di una tv che, inevitabilmente, doveva fare i conti con le complesse dinamiche socio-politiche del territorio in cui si trovava.
I pionieri: storie di una tv di confine
Con ironia e passione, sempre in maniera diretta e senza filtri, Sergio Tavčar racconta una storia, appunto, pionieristica. TV Koper-Capodistria venne creata nel 1971 sotto l’egida della JRT (la tv di stato della ex Jugoslavia). Prima c’era solo un’emittente radio, di cui raccolse l’eredità.
La cittadina istriana è a pochi chilometri da Trieste, dove Tavčar è nato nel 1950. Ma, come oggi, al di fuori dei confini italiani. Un’area travagliata e contesa, piena di drammi ma anche di opportunità. La zona, negli anni del dopoguerra e fino al 1954, era controllata dall’esercito alleato, prima di essere divisa tra l’Italia e la Jugoslavia di Tito.
La nuova televisione trasmetteva soprattutto in italiano per venire incontro alla minoranza linguistica della regione. Tavčar, bilingue, vi entrò a soli 21 anni. E divenne attore e testimone di una redazione sportiva che, partendo da anguste stanzette e mezzi tecnici antidiluviani, riuscì a raccontare i maggiori eventi sportivi mondiali, arrivando nelle case di una generazione di appassionati.
Tavčar e gli altri pionieri si fecero narratori di sport in modo unico, vivendo un’avventura entusiasmante che aveva per protagonista una variegata umanità. Il tutto sullo sfondo di un paese, la Jugoslavia, formato da un incredibile mosaico di popoli, culture e mentalità, nei lustri precedenti al suo disfacimento.
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Le svolte di TV Koper-Capodistria
Sono state due le svolte che segnarono le sorti di TV Koper-Capodistria, che tra l’altro trasmise a colori ben sei anni prima che l’Italia superasse il bianco e nero.
La prima: negli anni Settanta il segnale era in grado di raggiungere gran parte delle regioni italiane. All’epoca il monopolio dell’etere era in mano alla Rai, appena scalfito dalla tv svizzera e da Telemontecarlo. Grazie agli accordi con la società Ponteco, veniva diffuso anche attraverso una rete di emittenti locali in tutto lo Stivale.
La seconda: nel 1987 TV Koper-Capodistria entrò nell’orbita Fininvest, allora nel pieno boom dell’emittenza privata, pur mantenendo la sua indipendenza (“Fuori dal coro, ma mai stonati“, il motto ricordato da Tavčar nel volume). Con uno stratagemma, il gruppo berlusconiano se ne servì indirettamente per creare il primo canale tematico sportivo.
Sono gli anni di Dan Peterson, ma anche di due giovani Guido Meda e Gianni Cerqueti, e di una generazione di giornalisti che ritroviamo ancora oggi. Ma quel periodo segnò anche l’inizio della fine di TV Koper-Capodistria in Italia. Dal 1990, infatti, in seguito alla legge Mammì, Fininvest dirotta sulle frequenze della tv istriana la neonata Tele+2, di cui è azionista.
Di lì a poco Tv Koper, dove comunque Sergio Tavčar lavorerà fino alla pensione, si ridimensiona a rete regionale o poco più. Nel 1991 diventa slovena, mentre la Jugoslavia piomba nel dramma della disgregazione e della guerra.