Quali sono i giocatori NBA più bassi di 1,75 che nonostante la statura sono riusciti a costruirsi una carriera tra i professionisti?
Non sono molti. Perché, per quanto si possano combattere i luoghi comuni e sostenere che la pallacanestro sia uno sport per tutte le taglie fisiche, chi è alto due metri godrà sempre di un vantaggio per arrivare ad alti livelli. Soprattutto se, come avviene oggi, sa fare cose un tempo riservate ai playmaker.
Ciò rende ancor più rispettabile il percorso di chi, guardando tutti dal basso verso l’alto con un fisico da persona “normale”, ha saputo conquistarsi uno spazio importante e arrivare a guardare negli occhi giocatori a cui deve trenta o quaranta centimetri.
Ecco una selezione dei sette più significativi giocatori NBA, in ordine crescente di altezza, tra i poco più di venti che non superano l’1,75 e che sono riusciti a scendere in campo nella lega.
Storie di giocatori, e di uomini, che hanno lavorato duro e dimostrato un carattere sconfinato: pensate ai commenti ironici, alle risatine, a tutte le volte che si sono sentiti dire “sei troppo basso”. Invece, hanno saputo trovare le giuste motivazioni per trasformare in vantaggio quello che era considerato un grosso limite.
Tyrone “Muggsy” Bogues (1965, 1,60)
Tyrone Bogues, per tutti Muggsy, è stato il “piccoletto” NBA più famoso di sempre. Questo grazie anche alla notorietà ottenuta attraverso la partecipazione al cast di Space Jam, nel ruolo di uno dei cinque giocatori il cui talento viene rubato dai Monstars. Bogues, però, è stato tutt’altro che un fenomeno da baraccone: partendo dai quartieri poveri di Baltimore, frequenta il liceo alla Dunbar High School e, con una tempra da leader e un’energia inesauribile, riesce a ottenere una borsa di studio a Wake Forest, preludio dell’approdo in NBA come dodicesima scelta assoluta al Draft 1987. Ai Washington Bullets trova Manute Bol, 71 centimetri più alto di lui, formando la coppia più improbabile della storia. È ai neonati Charlotte Hornets, a cui approda un anno più tardi tramite l’Expansion Draft, che trova la sua consacrazione. Ha giocato in carriera 889 partite di regular season e 9 di playoff, segnando in tre occasioni un career high di 24 punti e distribuendo in altrettante 19 assist. Una volta ha stoppato Pat Ewing ed è stato medaglia d’oro ai Mondiali 1986 con la nazionale USA, allora composta solo da universitari. Il tutto essendo alto 1,60.
Earl Boykins (1976, 1,65)
Visto per una stagione alla Virtus Bologna nel 2008-09, con tanto di vittoria della EuroChallenge Cup, Earl Boykins è stato, dopo Muggsy Bogues, il giocatore più basso in NBA con 1,65 di altezza. Boykins, primo passo bruciante e profondo istinto realizzativo, è emerso come un ottimo giocatore d’attacco: l’11 novembre 2004, in una partita in maglia Denver Nuggets vinta contro i Detroit Pistons, segna 32 punti, diventando così il più basso di sempre nella storia della lega a realizzarne almeno 30. Nativo di Cleveland, al college riscrive la storia di Eastern Michigan, ma al Draft NBA 1998 il suo nome non è chiamato. Allora riparte dai Rockford Lightning in CBA e in seguito arriva in NBA con una serie di contratti a termine: dopo aver militato in Nets, Cavaliers, Magic, Clippers e Warriors, i Nuggets decidono di puntare su di lui: è in Colorado che Boykins registra la permanenza più lunga, dal 2003 al 2007, con tre partecipazioni ai playoff. In seguito gioca con Milwaukee, Charlotte e, dopo l’esperienza italiana, Washington, ancora Milwaukee e infine Houston. Si ritira nel 2012 dopo 13 stagioni in NBA, 652 presenze e 8,9 punti di media. Oggi è assistente in NCAA ad Arkansas. Curiosità: ha vinto la medaglia d’oro nel basket alle Universiadi 1997 disputatesi in Sicilia.
Mel Hirsch (1921-1968, 1,68)
Con il suo metro e 68, Melvin “Mel” Hirsch è stato il pioniere dei “piccoletti” nel basket professionistico americano. Ha giocato soltanto in 13 partite con i Boston Celtics nel 1946-47, la stagione inaugurale della BAA (Basketball Association of America) che tre anni dopo divenne NBA. Fu quindi il giocatore più basso di quello che è considerato il primo campionato della lega attuale. Di lui non si sa molto: nato nel 1921, si laureò al Brooklyn College nel 1943, dove fu la stella della squadra con una considerevole media di 11 punti a partita (all’epoca si segnava molto meno) e in qualità di navigatore dell’aeronautica fu mandato sul fronte del Pacifico durante la seconda guerra mondiale. Qui, nei momenti che lo consentivano, si divertiva a giocare a basket con gli ufficiali del 13° Squadrone Trasporti. Con i Boston Celtics segnò in tutto 19 punti (1,5 a partita) distribuendo 10 assist (0,8 a partita). Morì nel 1968 di leucemia, all’età di quarantasette anni.
Anthony “Spud” Webb (1963, 1.68)
Dotato di una stratosferica elevazione, Anthony Jerome “Spud” Webb, texano di Dallas e uscito dalla North Carolina State di coach Jim Valvano, è ricordato soprattutto per la vittoria nella gara delle schiacciate all’All-Star Game 1986. In tale occasione, nella sua Dallas, prevalse sul compagno di squadra agli Atlanta Hawks nonché detentore del titolo Dominique Wilson. Spud Webb ha giocato in NBA dal 1985 al 1998 vestendo le divise di Atlanta Hawks, Sacramento Kings, Minnesota Timberwolves e Orlando Magic, totalizzando 814 presenze e una media di 9,9 punti e 5,3 assist in dodici stagioni. Il suo career high, 34 punti, il 21 aprile 1993 in maglia Kings contro i Golden State Warriors, mentre il 19 aprile 1986, quando giocava negli Hawks, totalizzò un picco di 18 assist in una partita contro i Detroit Pistons. Niente male per un giocatore che non arrivava al metro e 70 e pesava appena 60 chili, cresciuto in povertà e capace di trovare nella pallacanestro la sua ispirazione. Oggi è president of basketball operations dei Texas Legends, la squadra G League dei Dallas Mavericks.
Calvin Murphy (1948, 1.75)
Calvin Murphy, con il suo 1,75, è il giocatore più basso che sia mai stato introdotto nella Hall of Fame. All-Star nel 1979, ha trascorso l’intera carriera ai Rockets, che nella sua prima stagione (1970-71) giocavano ancora a San Diego, per poi trasferirsi in Texas dall’anno successivo. E ancora oggi Murphy ha a che fare con i Rockets, in qualità di commentatore televisivo. In 13 stagioni NBA, ha segnato 17.949 punti in 1002 partite giocate (media di 17,9), distinguendosi soprattutto come realizzatore di tiri liberi, specialità in cui è stato uno dei migliori di sempre. La percentuale realizzativa tenuta dalla lunetta nel 1980-81, 95,8%, è il record NBA. La sua maglia numero 23 è stata ritirata dagli Houston Rockets. Prolifico anche fuori dal campo: ha avuto 14 figli da 9 donne differenti.
Nate Robinson (1985, 1.75)
Un metro e 75 di energia, entusiasmo, esuberanza. Una pazzesca elevazione e un fisico con cui avrebbe potuto dire la sua anche nel football. Peccato per la sua elevata propensione agli infortuni, che spesso non gli hanno consentito di arrivare a vette maggiori. Nate Robinson, uscito dal giro NBA a trent’anni e poi girovago tra Israele, G League, Venezuela e Libano, è stato uno dei giocatori più divertenti e imprevedibili, in positivo ma anche in negativo, che si siano visti in NBA tempi recenti. Nato a Seattle, uscito dalla University of Washington, vive il suo periodo d’oro nei primi cinque anni di carriera ai New York Knicks, durante i quali vince per ben tre volte la gara delle schiacciate all’All-Star Game: 2006, 2009 e 2010. Memorabile la seconda, in cui per battere “Superman” Dwight Howard, si presenta con un’insolita divisa verde dei Knicks e con un pallone verde fluorescente: la Kripto-Nate! La performance è storica: Nate schiaccia saltando proprio sopra la testa di Howard. Ha un career high di 45 punti, messi a segno l’8 marzo 2009 contro i Portland Trail Blazers.
Isaiah Thomas (1989, 1,75)
Isaiah Thomas è una sorta di eroe tragico della NBA contemporanea. Dalle stalle alle stelle e viceversa, in un percorso lungo il quale è stato capace di alimentare entusiasmi e interrogativi in egual misura. Dubbi intorno a lui ce ne sono fin da prima della nascita. Papà James perde una scommessa con gli amici: se i “suoi” Lakers perdono le finali 1989 con i Detroit Pistons, dovrà chiamare suo figlio Isiah, come il leader dei Bad Boys. La cosa puntualmente avviene: James vuole onorare la scommessa persa, ma mamma Tina riesce a farci aggiungere una “a”, come nel reale nome del profeta biblico. Nato a Tacoma nel 1989, Isaiah Thomas gioca al college a Washington, come Nate Robinson. Preso con l’ultima scelta, la numero 60, al Draft NBA 2011 dai Sacramento Kings, dopo i primi anni passati a lottare per ogni minuto in campo e un passaggio ai Phoenix Suns, a febbraio 2015 arriva ai Boston Celtics di Brad Stevens. Da allora diventa The King in the Fourth, per le sue orgogliose prestazioni nel periodo decisivo della partita. Il 30 dicembre 2016 tocca il top con 52 punti di cui 29 nel quarto periodo. All-Star e in corsa per il titolo di MVP nel 2017. In quella primavera perde in un incidente stradale la sorella Chyna, di soli 22 anni. Thomas, a nemmeno 24 ore, segna 33 punti in una gara di playoff contro Chicago. Complice anche un infortunio all’anca, inizia una parabola discendente che lo porta a lasciare Boston per Cleveland e poi un vagabondare tra Lakers, Denver e Washington.
Gli altri giocatori NBA più bassi
Oltre a questi sette giocatori NBA più bassi di 1,75 di cui si è parlato, ci sono svariati altri “nani” che in un modo o nell’altro sono riusciti ad arrivare in NBA. Ad esempio Greg Grant (1966, 1,70), visto per 274 partite tra Phoenix, New York, Charlotte, Philadelphia, Washington e Denver tra 1989 e 1996, o Keith Jennings, classe 1968 (1,70), che ha militato tre stagioni a Golden State prima di una discreta carriera in Europa tra Spagna e Francia.
In tempi pionieristici, detto già di Mel Hirsch, Red Klotz (1920-2014, 1,70) ha giocato appena 11 partite con i Baltimore Bullets nel 1947-48, che vinsero il titolo e consentirono a Klotz di essere tuttora il giocatore più basso ad aver mai conquistato l’anello. In quella stagione Wataru Misaka, ha vestito per tre sere la maglia dei Knicks: alto 1,70 e scomparso nel 2019 a 96 anni, è stato il primo asiatico a giocare in NBA, anche se giapponese solo di origine in quanto nato nello Utah. A proposito di giapponesi, nel 2004-05 ci fu il primo nipponico “vero” ai Phoenix Suns, Yuta Tabuse (1980, 1,75), per 4 partite, che è quindi il più basso giocatore non statunitense ad aver mai giocato tra i professionisti.
Gene Rock (1921-2002) registrò 11 presenze con i Chicago Stags sempre in quel 1947-48, mentre Dino Martin (1920-1999), ai Providence Steamrollers dal 1946 al 1949, era alto 1,73 ma giocava addirittura nel ruolo di ala. Monte Towe (1953, 1,70), 51 gare ai Denver Nuggets nel 1976-77, è stato già il più basso di sempre nell’allora ABA nonché l’inventore dell‘alley-oop in coppia con David Thompson.
Tra i giocatori di oggi, il più piccolo – salvo possibili revisioni dei sistemi di misurazione dell’altezza in NBA – sarebbe Kay Felder, nato nel 1995 e alto 1,75, al momento trasferitosi in Cina dopo varie comparsate a Cleveland, Chicago e Detroit.
Altri giocatori NBA bassi di statura sono stati: Charlie Chriss (1948, 1,73), 418 partite tra Atlanta, San Diego e Milwaukee tra 1977 e 1984; Willie Somerset (1942), 8 presenze con i Baltimore Bullets nel 1965-66; Howie Carl (1938-2005, 1,75), per 31 volte in campo con i Chicago Packers nel 1961-62; Charlie Hoefer (1921-1983, 1,75), 65 partite tra Toronto Huskies e Boston Celtics dal 1946 al 1948; Lionel Malamed (1924-1989, 1,75), 44 gare tra Indianapolis Jets e Rochester Royals (1948-49); Ed Melvin (1916-2004, 1,75), 57 volte con i Pittsburgh Ironmen nel 1946-47; Angelo Musi (1918-2009, 1,75), ai Philadelphia Warriors dal 1946 al 1949 per 161 partite; Ralph O’Brien (1928, 1,75), 119 presenze agli Indianapolis Olympians e ai Baltimore Bullets dal 1951 al 1953.