The Rookie #4 – Playmaker

Ho sempre amato Magic Johnson. È per lui che ho il cuore giallo e viola. Da quando ho iniziato a capire, almeno in parte, cosa succede davvero sul campo in parquet.

L’ho amato per la sua immensa capacità di padroneggiare il gioco con fantasia e naturalezza. Per il suo cuore, il suo sorriso, il suo modo di essere eccessivo e colorato, prima di tutto nel giocare a basket, ma non solo.

Poi, qualche giorno fa, il coach di Avila, la squadra di Roma dove mi alleno, ha detto: “Ok, adesso uno di voi si piazza in posizione 1 con lo scopo di riportare la palla in alto e ordinare il gioco quando si scombina“. Come mio solito, avevo paura di non aver capito cosa intendesse, e spero di aver riportato correttamente il senso delle sue parole (so che mi vuoi bene coach!).

Da vera rookie ultracinquantenne, dovete sapere che alcuni esercizi di preparazione non sono proprio immediati per me. Adesso la treccia non è più un mistero, come anche il tre-contro-tre in continuità (un quasi ci sta bene). Ma, caspita, ogni tanto con qualche esercizio nuovo mi confondo parecchio, per buona pace di chi porta pazienza e continua ad essere inclusivo con me.

Ad ogni modo, per farmi capire meglio il coach mi dice: “Devi fare il playmaker“. Evidentemente sapeva prima di me, per quella sensibilità mentale ed epidermica che caratterizza i bravi allenatori (e lui lo è), che avrei capito… E aveva ragione!

Si è accesa una scintilla: non saprei dire bene come mai, ma io che con i ruoli del basket sono ancora alla guida base di Dan Peterson, ho capito cosa volesse dire. E facendo l’esercizio ho compreso appieno, finalmente, il ruolo del playmaker.

playmaker magic johnson statua lakers
Foto: Malcolm Garret / Pexels

È stato come quando ho capito cos’era un pivot vedendo Nikola Jokic e i vecchi filmati di Shaquille O’Neal. Una comprensione immediata, sotto pelle, quasi istintiva, e me ne sono innamorata. È un ruolo complicato: devi giocare e fare da regista, facilitare il gioco ed esserne parte.

Devi saper guardare il basket nel suo insieme, dall’esterno, pur giocandolo e standoci dentro. Devi pensare a te, ma anche all’intero sviluppo del gioco e a come si muovono i compagni. Un playmaker ha senz’altro una visione più matura e completa del basket, tra regole, schemi, conoscenza delle abilità dei propri teammates, e consapevolezza di sé stesso. Sembra scontato, non lo è.

Per non parlare del fatto che deve possedere un po’ tutte le abilità, dal tiro da fuori alla penetrazione, senza trascurare la difesa, dove deve stroncare con efficacia ogni possibilità per l’avversario di fare punteggio.

Per curiosità ho voluto fare una ricerca su chi sono stati i più grandi playmaker della storia del basket. Lo confesso, mi sono divertita un po’ con Nova e le ho chiesto: quali sono stati i più grandi playmaker?

Con mia grande gioia, al primo posto si palesa lui, Magic Johnson: “Considerato uno dei migliori playmaker di tutti i tempi, Magic ha rivoluzionato il ruolo con il suo alto livello di astuzia e abilità nel passaggio. Ha vinto cinque campionati NBA con i Los Angeles Lakers” afferma l’AI.

Ecco un motivo in più per amarlo, se non ve ne fossero già abbastanza. No, non vi meravigliate: non sapevo che lui fosse un play, eppure l’ho amato follemente lo stesso, da subito! Adesso, nei miei sogni di giocatrice, quelli che spero si realizzino almeno nelle prossime vite (perché in questa non se ne parla!), è quello il ruolo in cui vorrei stare in campo.

In questa dimensione da rookie tardiva, mi basta aver capito la direzione dei miei desideri. Mi è sufficiente continuare a imparare, scendere in campo e chiedermi cosa scoprirò stavolta, cosa sarò in grado di fare: migliorerò mai il palleggio? E il tiro? Non lo so ma… ho fiducia! A presto!

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